Congedo di maternità

È vietato adibire al lavoro le donne nei due mesi precedenti e nei tre successivi al parto, per un periodo complessivo di astensione dal lavoro di 5 mesi. Vi è la possibilità di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato e il Medico Competente, ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. Se il parto avviene anticipatamente rispetto alla data presunta e indicata dal medico sul certificato (parto prematuro), tutti i giorni non utilizzati prima vengono aggiunti al congedo dopo il parto fino a raggiungere i 5 mesi.

Quando le condizioni lavorative siano ritenute pericolose per la madre o per il nascituro, si può fare domanda al servizio ispettivo del Ministero del lavoro per ottenere una interdizione anticipata dal lavoro per uno o più periodi, la cui durata viene determinata dal servizio stesso.

Le addette alle lavorazioni, accertate come gravose e pregiudizievoli per la gravidanza, devono per legge essere spostate ad altre mansioni; se questo non è possibile, il servizio ispettivo del ministero del Lavoro può decidere l’interdizione dal lavoro per vari periodi o, se fosse necessario, anche per tutta la gravidanza. 
Anche per problemi di salute legati alla gravidanza, indipendentemente dalle condizioni di lavoro nocive, si può richiedere l’intervento dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e restare a casa non in malattia ma in congedo di maternità anticipato, più favorevole alla lavoratrice.

è previsto, inoltre, che la lavoratrice possa scegliere di posticipare l’astensione dal lavoro fino al mese precedente la data presunta del parto, per poi poter prolungare l’astensione dal lavoro dopo il parto, rimanendo a casa un mese prima e quattro mesi dopo il parto (congedo obbligatorio di maternità flessibile). 
Questa scelta può essere autorizzata a condizione che il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale e il Medico Competente sul posto di lavoro, dove previsto (D.lgs 626/ 94), certifichino che non vi è pericolo nella permanenza al lavoro né per la madre né per il nascituro.

 

Congedo parentale

Per ogni figlio/a fino ai dodici anni, ciascun genitore ha il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo frazionato o continuativo di 6 mesi (cosiddetto congedo parentale). Complessivamente, i due genitori non possono superare il massimo di 10 mesi.

Solo al papà è data la possibilità, per incentivare il padre lavoratore ad occuparsi dei figli/e, di fruire di un ulteriore mese di congedo, arrivando a 7 mesi, se si giova di un periodo di congedo parentale, frazionato o continuativo, non inferiore a tre mesi.  In questa ipotesi, il periodo complessivo tra i due genitori diventa di 11 mesi. Entrambi i genitori possono fruire del congedo anche contemporaneamente.

Il padre inoltre, può usufruire del congedo parentale fin dalla nascita del figlio/a, mentre la madre è in congedo obbligatorio. Se il genitore è unico, questi può usufruire di un periodo di congedo di 10 mesi.

 

Congedo obbligatorio per i lavoratori dipendenti

Il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di sette giorni. Tale diritto si configura come un diritto autonomo rispetto a quello della madre e può essere fruito dal padre lavoratore in via non continuativa e anche durante il periodo di congedo obbligatorio post partum della madre.

I lavoratori, devono fare la comunicazione scritta al proprio datore di lavoro con un anticipo di almeno 15 giorni. Se questi giorni vengono richiesti, come è ovvio per la maggior parte dei casi, in relazione alla nascita, vanno calcolati in base alla data presunta del parto. Il congedo è estendibile da sette giorni a otto in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria che le spetta.

Per la fruizione del congedo obbligatorio al padre è riconosciuta un’indennità pari al 100 per cento della retribuzione, anticipata dal datore di lavoro per conto INPS. Il congedo è coperto da contribuzione figurativa, accreditata nelle stesse modalità e misura di quello obbligatorio della madre.

 

Riposi giornalieri

La lavoratrice madre ha diritto a due ore di riposo al giorno, anche cumulabili, durante il primo anno del bambino.

Il riposo è di un’ora quando l’orario lavorativo è inferiore alle 6 ore. 
Il padre lavoratore ha diritto ai riposi solo in caso di morte o di grave malattia della madre, se i figli sono affidati al solo padre, se la madre titolare non se ne avvale per scelta oppure quando la madre non ne ha diritto, per esempio, se è una domestica o lavoratrice a domicilio.

Il padre, invece, non ha diritto ai riposi se la madre non svolge alcuna attività lavorativa, ma è casalinga o disoccupata.

 

Assegno al nucleo familiare

L’assegno al nucleo familiare spetta ai lavoratori dipendenti e ai pensionati con trattamenti liquidati nel fondo lavoratori dipendenti.

I lavoratori dipendenti privati non agricoli potranno inoltrare le domande unicamente in via telematica all’Inps, attraverso il portale e non più al datore di lavoro, che comunque continuerà ad anticipare le quote spettanti nella busta paga del lavoratore stesso. I pensionati devono richiedere il trattamento all’Inps sempre in modalità telematica.

I dipendenti pubblici e i lavoratori agricoli a tempo indeterminato (OTI) va presentata al datore di lavoro con il modello “ANF/DIP” (SR16) cartaceo.

L’importo dell’assegno varia a seconda della composizione del nucleo familiare e del reddito, secondo le apposite tabelle emanate annualmente dall’INPS.

Sono rilevanti tutti i redditi percepiti dal nucleo familiare nell’anno precedente la competenza, quali:

  • redditi imponibili Irpef al netto della sola contribuzione previdenziale;
  • redditi a tassazione separata;
  • assegno di mantenimento corrisposto dal coniuge separato;
  • redditi conseguiti all’estero.

Sono rilevanti solo se complessivamente superiori a €1032,91:

  • borse di studio;
  • pensioni sociali o assegno sociale;
  • pensioni erogate ad invalidi civili;
  • interessi di conti correnti, depositi, BOT, CCT ecc.;
  • proventi da quote di investimento.

Si possono richiedere fino a 5 anni di importi arretrati.

Nella composizione del nucleo rilevano i seguenti familiari:

  • lavoratore richiedente o pensionato richiedente;
  • coniuge, anche non convivente purché non separato;
  • figli/e ed equiparati di età inferiore ai 18 anni conviventi o meno;
  • figli/e ed equiparati maggiorenni inabili purché non coniugati, previa autorizzazione;
  • figli/e ed equiparati, studenti o apprendisti, di età superiore ai 18 anni ed inferiori ai 21 anni, purché facenti parte di “nuclei numerosi”, cioè con almeno 4 figli/e tutti di età inferiore ai 26 anni, previa autorizzazione;
  • fratelli e sorelle del solo richiedente e nipoti, minori o maggiorenni inabili, solo se orfani di entrambi i genitori. In questi casi, gli aventi diritto non devono aver conseguito il diritto alla pensione ai superstiti e non devono esser coniugati, previa autorizzazione;
  • nipoti in linea retta di età inferiore ai 18 anni, viventi a carico, previa autorizzazione.

 

Autorizzazione assegno nucleo familiare

Per l’inserimento dei seguenti familiari è necessario richiedere l’autorizzazione all’assegno nucleo familiare nei seguenti casi:

  • per i figli in nuclei familiari non coniugati o nati da precedenti matrimoni.
  • per i fratelli, le sorelle, i nipoti del/della richiedente orfani di entrambi i genitori, non aventi diritto alla pensione ai superstiti:
  • per i familiari residenti all’estero di cittadino italiano, comunitario o cittadino straniero di Stato convenzionato:
  • per i nipoti minori a carico del/della nonno/a richiedente:
  • Per i figli o equiparati di età compresa tra i 18 e i 21 anni, purché studenti o apprendisti, in nuclei con più di tre figli o equiparati di età inferiore a 26 anni.

 

Permessi e congedi L.104/92

Permessi e congedi sono concessi esclusivamente in presenza di riconoscimento di handicap in situazione di gravità (art. 3, comma 3, L. 104/92). La legge 104/92 e il D.lgs. 151/01 e loro successive modifiche dispongono agevolazioni lavorative per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato (per la durata del contratto).

 

Permessi L.104/92

I permessi e congedi sono concessi purché la persona gravemente disabile non sia ricoverata a tempo pieno presso strutture ospedaliere o similari o, in caso di ricovero, solo in situazioni particolari.

Il lavoratore o la lavoratrice, che assistono persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età, oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, hanno diritto ad un permesso di 3 giorni al mese (art. 33 c. 3 L. 104/92).

I permessi non sono riconosciuti, invece, ai lavoratori domestici e a quelli a domicilio. I tre giorni di permesso possono essere frazionati in ore se previsto dal contratto; sono retribuiti e utili per il trattamento pensionistico. Non è richiesta la convivenza con il familiare disabile. I permessi possono essere concessi se la persona con disabilità non è ricoverata a tempo pieno in strutture ospedaliere o similari sia pubbliche che private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa tranne in casi particolari

Inoltre:

  • la presenza di altri familiari non lavoratori nel nucleo del disabile non è ostativa al diritto della lavoratrice o del lavoratore richiedente ai permessi mensili retribuiti;
  • la persona disabile, o il suo tutore legale o il suo amministratore di sostegno, ha la possibilità di scegliere chi, all’interno della propria famiglia, debba prestargli assistenza fruendo dei permessi;
  • la presenza di assistenti familiari (badanti) non è ostativa al diritto ai permessi retribuiti;

 

Congedo straordinario L.104/92

Hanno titolo a fruire del congedo straordinario retribuito della durata di due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa, i lavoratori dipendenti, a tempo determinato (per la durata del contratto) o a tempo indeterminato, che assistono il familiare in situazione di handicap grave. La persona disabile non deve essere ricoverata a tempo pieno presso strutture ospedaliere o similari salvo casistiche particolari.

Il congedo non è riconoscibile ai lavoratori a domicilio, ai lavoratori agricoli giornalieri, ai lavoratori autonomi, ai lavoratori parasubordinati.

Inizialmente, avevano diritto a fruire del congedo straordinario i genitori (anche adottivi o affidatari) e i fratelli e sorelle conviventi, a condizione che entrambi i genitori fossero deceduti. La Corte costituzionale negli anni ha ampliato la platea dei beneficiari e introdotto un preciso ordine di priorità tra gli aventi diritto:

  • coniuge (o la parte di unione civile) convivente con il disabile;
  • i genitori (naturali, adottivi o affidatari) di figlio/a gravemente disabile;
  • il figlio/a convivente con il genitore gravemente disabile;
  • i fratelli e le sorelle (anche adottivi) della persona gravemente disabile e con essa conviventi;
  • Il parente o affine entro il terzo grado convivente.

Solo in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei primi in lista, il diritto può essere concesso al soggetto successivo. Viene estesa anche all’istituto del congedo biennale il principio del referente unico, secondo il quale il congedo non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona disabile.

Il congedo straordinario spetta al genitore lavoratore richiedente anche quando l’altro genitore non ne ha diritto perché non lavora; non è richiesta la convivenza con il figlio/a disabile.

 

L’importo della prestazione

L’indennità è corrisposta nella misura della retribuzione percepita nell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo, con riferimento esclusivamente alle voci fisse e continuative del trattamento (sono esclusi gli emolumenti variabili della retribuzione), entro un limite massimo di reddito, annualmente rivalutato secondo gli indici ISTAT. I periodi di congedo sono coperti da contribuzione figurativa ma non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima e trattamento di fine rapporto.

 

Nota bene:

alcune normative presuppongono la residenza in Italia.

Anche per questo motivo, si consiglia di rivolgersi ai nostri sportelli